Riduzione del rischio di incendio nei trasformatori elettrici di potenza con gli oli isolanti di origine vegetale.

Nuove opportunità ed evoluzione delle normative per uno sviluppo economico ambientalmente sostenibile.
Antonio Giacomucci, Presidente CEI/CT 111
“[La terra] protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.”
Papa Francesco
E’ cosa nota e universalmente riconosciuta che il genere umano stia consumando le risorse del pianeta terra più velocemente di quanto queste siano in grado di rigenerarsi.
Per accorgersene, tuttavia, non è necessario parafrasare Jane Austen: secondo il Global Footprint Network (2015), la popolazione mondiale consuma ogni anno l’equivalente di circa 1,6 “terre”. Non solo, questo dato è una media di ciò che accade nel mondo occidentalizzato e nei Paesi in via di sviluppo.
Se consideriamo solamente le nazioni sviluppate, le cose peggiorano. Alcuni studi hanno calcolato che, se tutta la popolazione mondiale consumasse come queste nazioni, il rapporto fra risorse consumate e risorse sfruttabili sarebbe nettamente superiore alla stima del GFN, passando da 1,6 ad un numero superiore a 3 (nota 1). Veniamo da una crisi finanziaria quasi senza precedenti e stiamo andando incontro ad uno scenario che il WWF ha descritto come “ecological credit crunch”.
Il nostro sistema di produzione e consumo, perciò, non è più sostenibile nel lungo periodo ed il genere umano dovrebbe fermarsi e ripensare non solo ad un nuovo modello economico, ma anche al proprio ruolo all’interno di esso.
Il sistema di produzione e consumo tradizionale è caratterizzato da quattro fasi principali, poste l’una di seguito all’altra in linea retta: prendere – fare – usare – buttare (nota 2). Questo modello è chiamato lineare e per decenni è stato – ed è tuttora – alla base del sistema economico, nonché della ricerca accademica, legando di fatto a doppio nodo l’idea di sviluppo economico con quella di sfruttamento delle risorse finite e non rinnovabili.
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, però, l’idea che il nostro sistema economico potesse basarsi su risorse che, una volta sfruttate, avessero come unica destinazione la discarica ha cominciato a essere messa in discussione. Nel testo “The Economics of the Coming Spaceship Earth” (1966), Kenneth Boulding è stato fra i primi a sottolineare il fatto che il sistema economico si trova all’interno di un più ampio sistema ecologico e che le relazioni fra economia e ambiente non seguono percorsi lineari, bensì circolari (nota 3).
Ne consegue che, a differenza di un sistema in cui la maggior parte della materia arriva al rifiuto, un’economia circolare è caratterizzata dal paradigma per cui i prodotti di oggi sono le risorse di domani. Il valore che viene dato ai materiali considera anche il loro potenziale e prezioso utilizzo in una ‘vita successiva’, minimizzando così la generazione di scarti e gli impatti sull’ambiente. Di queste problematiche, per il settore elettrico ed elettronico, se ne occupa il Comitato Tecnico 111 del CEI (Aspetti ambientali di prodotti elettrici ed elettronici), ed il suo equivalente internazionale in ambito IEC. In particolare il concetto di material efficiency in un’ottica circolare è esplicitamente citato nello “Strategic Business Plan”.
Pur non esistendo ancora una definizione ufficiale, si tende a convergere verso la caratterizzazione di economia circolare data dalla Ellen MacArthur Foundation (nota 4), il cui ‘diagramma a farfalla’ – Figura 1 – è ormai divenuto famoso anche ai non addetti ai lavori. Da qui è facile identificare il legame fra ciclo economico e ciclo naturale che caratterizza questo nuovo modello, nel quale esistono elementi biologici e tecnici, sempre in circolo nel sistema in modo da poterlo sostenere e rigenerare. In natura infatti, ciò che è scarto per una specie diviene nutrimento per un’altra. Seguendo questo schema, possiamo prendere in considerazione i ‘nutrimenti tecnici’, ovvero le materie prime ed i prodotti che vivono all’interno del sistema economico. Questi, una volta utilizzati, anziché essere dismessi, vengono riparati, riutilizzati, ricondizionati/rigenerati e – solo in ultima istanza – portati a riciclo.
I ‘cicli interni’ – in modo particolare quelli dei nutrimenti tecnici – sono la vera forza caratterizzante del modello circolare. Erroneamente, si associa troppo spesso il termine economia circolare unicamente all’efficienza della fase di riciclo.
Il riciclo è, invece, solo l’ultimo passo che mate- riali e prodotti compiono prima di cominciare una nuova vita, ma prima di esso, ogni nutrimento tecnico viene sfruttato in modo completo ed efficiente, estraendo tutta l’utilità residua.
Il CEI lavora proprio su questa visione più complessa, tramite vari Gruppi di lavoro, i quali trattano le varie fasi del ciclo di vita di un prodotto, partendo dall’Environmental Conscious Design (ECD), fino alla realizzazione di linee guida per la fine della vita utile dello stesso.
Come puntualizzato anche dai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico (nota 5), ciò che avviene upstream, ovvero un uso migliore delle risorse e processi produttivi efficienti e a basso impatto ambientale, e ciò che accade downstream, aumentare la vita utile dei prodotti e minimizzare la creazione di rifiuti, sono intervallati e uniti dalle fasi che descrivono i cicli interni identificati dalla Ellen MacArthur Foundation.
E’ importante sottolineare come la circolarità nell’economia parta dalla fase di design, nella quale vengono tenuti in considerazione elementi come la disassemblabilità dei prodotti e la riciclabilità dei componenti, l’utilizzo di sostanze non pericolose nei prodotti e nei processi produttivi, la facilità di riparazione, nonché l’uso di materiali sostenibili e circolari (derivanti anche da riutilizzo e riciclo).
Nell’ambito del Comitato Tecnico 111 CEI, si lavora già da parecchio tempo sulla circolarità: i già citati Gruppi di lavoro pongono la loro attenzione anche sui metodi di testing delle sostanze pericolose (dal 2008), sulla Material Declaration (dal 2011) e sulla armonizzazione dei vari criteri di performance ambientale esistenti. Solo successivamente a questa fase entrano in gioco tutti i comportamenti virtuosi da compiere in ogni ‘ciclo interno’, allungando effettivamente la vita utile dei prodotti.
Il concetto di economia circolare si è sviluppato nel mondo accademico ed aziendale, dove si è cominciato ad adottare i dettami caratterizzanti questo nuovo modello economico. Questo rivo- luzionario cambiamento di prospettiva, però, è stato intercettato anche dai legislatori nazionali e sovrannazionali, i quali stanno cercando di dare degli input e di indirizzare gli attori del sistema economico verso un’economia circolare.
A livello internazionale, la strada che si sta percorrendo verso un’economia circolare ha incrociato varie tappe particolarmente segnanti. I legislatori e gli organismi internazionali hanno cominciato a mettere in pratica azioni concrete per avvicinarsi a questo tipo di economia nel 2008, con la Presidenza Giapponese del G8, quando è stato adottato il Piano d’azione “3R – Ridurre, Riutilizzare, Riciclare”. Queste misure erano state inizialmente inserite in un’ottica di contrasto al cambiamento climatico, più che di resource efficiency, ma hanno dato uno slancio importante al tema dell’economia circolare a livello legislativo.
Qualche anno più tardi, nel dicembre 2015, la Commissione Europea ha messo in atto quello che è, fino ad ora, il passo più concreto ed importante nella transizione verso un’economia circolare, presentando il Circular Economy Package.
Questo provvedimento è stato definito l’anello di congiunzione che mancava per gettare un ponte fra l’economia lineare e quella circolare e si posiziona perfettamente nell’ottica della strategia Horizon 2020 e delle politiche volte a ridurre il consumo energetico e le emissioni di gas serra entro il 2050.
Il pacchetto presentato dalla Commissione è composto da un piano d’azione che identifica le aree principali di intervento e le relative misure da adottare, nonché da quattro proposte di emendamento delle principali direttive riguardanti la gestione dei rifiuti.
Questo piano d’azione, poi, individua anche azioni specifiche per determinati settori chiave o particolarmente critici in termini di sostenibilità e flussi di materiali, quali plastica, settore edilizio (sia costruzione, sia demolizione) e rifiuti alimentari.
L’OCSE ha costantemente lavorato negli ultimi venti anni sui temi dei flussi di materia e della gestione sostenibile delle risorse, producendo nel 2016 un documento (nota 6) riassuntivo, utile come linea guida sia per le imprese, sia per i governi in un’ottica di circolarità.
Tale atto sottolinea l’importanza dell’intervento di incentivazione da parte dell’operatore pubblico nel processo di avvicinamento verso il decoupling fra produzione di valore aggiunto e quantità di risorse effettivamente utilizzate. Quest’anno, in occasione del G7 Ambiente tenutosi a Bologna, è stato presentato un altro documento in linea con la transizione da un’economia lineare ad una circolare. I sette Paesi (nota 7) si sono accordati su un Piano di Lavoro Quinquennale (2017-2022) che riprende gli aspetti principali del pacchetto della Commissione Europea e li mette in stretto contatto con gli accordi di Parigi sul clima. Un ulteriore passo in avanti fatto durante il G7 di Bologna riguarda l’impegno nella promozione di politiche volte contemporaneamente allo stimolo economico e alla riduzione dell’uso di risorse naturali.
Per quanto riguarda l’Italia, negli ultimi venti anni, le performance ‘circolari’ sono state particolarmente buone, specialmente per quanto riguarda il consumo materiale domestico e la produttività delle risorse.
Negli ultimi anni poi, si sta lavorando più concretamente e uniformemente sul tema dell’economia circolare, cercando di portare un pacchetto di norme in Parlamento. E’ utile ricordare che, fino a metà settembre, è stata condotta una consultazione pubblica promossa dai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, al fine di allargare il bacino di stakeholder che possono attivamente partecipare allo sviluppo di questo tema nel nostro Paese.
L’aspetto ecologico del passaggio ad un’economia circolare rappresenta sicuramente una parte fondamentale dietro a questo nuovo paradigma. Ma altrettanto importanti sono gli aspetti economici che potranno derivare dalla ‘circolarizzazione’ dell’economia. Da questo punto di vista esistono impatti diretti ed indiretti.
La Ellen MacArthur Foundation stima che in uno ‘scenario di transizione’ i benefici economici totali oscillino fra i 340 ed i 380 miliardi di dollari annui. Il passaggio ad un’economia circolare potrebbe portare ad un cambiamento degli equilibri concorrenziali, con potenziali effetti positivi sia per le imprese attrici del cambiamento, sia per i consumatori.
Nel proprio Strategic Business Plan, il Comitato Tecnico 111 dell’IEC sottolinea il ruolo fondamentale dell’efficienza nell’uso e nel riuso delle risorse, specificando l’importanza di creare degli standard internazionali per fare chiarezza sulle performance ambientali, al fine di evitare la duplicazione del lavoro, arrivando quindi a effettivi vantaggi economici.
Adottare dei processi produttivi e di approvvigionamento che rispettino i dettami dell’economia circolare porterebbe, inoltre, ad una minore dipendenza dai mercati delle materie prime vergini e, di conseguenza, ad una minore esposizione al rischio di volatilità dei prezzi. Per un Paese a ridotta quantità di materie prime come l’Italia, poi, questo costituirebbe un enorme vantaggio, poiché andrebbe a far diminuire la dipendenza economica nei confronti di Paesi esteri, più o meno stabili dal punto di visto socio-politico.
Questo ultimo aspetto viene sottolineato più volte anche nel documento di consultazione pubblicato dai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, i quali puntano ad evidenziare anche la necessità di investire in figure professionali specializzate in questi campi, in modo da poter cogliere più efficacemente i vantaggi del passaggio all’economia circolare, con risultati positivi anche sul fronte dell’occupazione.
A livello europeo, uno studio di McKinsey per la Ellen MacArthur Foundation prevede un aumento delle entrate nette per nucleo familiare pari al 18% entro il 2030 in uno scenario circolare, contro il 7% in caso di un’economia lineare ferma agli standard odierni.
Ma il passaggio ad un’economia circolare non è solo questione di periodi ipotetici. Ad oggi esistono esempi concreti di aziende che hanno deciso di intraprendere un radicale cambiamento nel proprio modello di business, applicando in una o più fasi della produzione i principi della circolarità.
Nella fase di design del prodotto, ad esempio, una nota azienda del nostro settore utilizza un ‘Gate Model’ che consente di tenere in considerazione moltissimi aspetti, tra cui selezione dei materiali, valutazioni ambientali nel ciclo di vita e dichiarazioni ambientali. Questo approccio rispecchia perfettamente quanto dovrebbe essere fatto nella fase di design che caratterizza le prime fasi di progettazione e produzione di beni circolari. Inoltre, tale modello permette di porre le basi per la creazioni di prodotti che siano sempre più sostenibili, ma anche competitivi sul mercato, mantenendo o aumentando il livello di qualità.
Vi sono poi altri esempi virtuosi. Possiamo trovarne alcuni fra i partecipanti al Circular Economy Award (nota 8), organizzato dal World Economic Forum e dal Forum of Young Global Leaders, in collaborazione con Accenture Strategy.
Fra gli altri ‘grandi nomi’ c’è chi ha sviluppato una bio-plastica per agricoltura completamente bio-degradabile, ma anche chi sta sviluppando un modello di business ‘as-a-service’, grazie a cui riesce a implementare con successo tecniche di remanufacturing, minimizzando lo scarto ed allungando la vita media dei prodotti, o, nei servizi bancari, chi ha raccolto più di un miliardo di dollari tramite green bond. L’esempio offerto dal CEI ed IEC rappresenta un approccio globale alla circolarità, con misure che vanno dal design responsabile del prodotto alle informazioni sul fine vita dei prodotti stessi.
Siamo quindi di fronte ad una svolta epocale per la nostra economia. Ci stiamo mano a mano accorgendo che il nostro modo di produrre e consumare non è sostenibile nel lungo periodo e, di conseguenza, dobbiamo cercare metodi alternativi per continuare a crescere e migliorare le nostre condizioni di vita. Per farlo, dobbiamo capire di essere parte di una ‘macchina’ complessa e caratterizzata da un fragile equilibrio. La transizione ad un’economia circolare è, dunque, un passo necessario e pieno di opportunità, riunendo finalmente economia ed ecologia e non più contrapponendole.
L’economia circolare è fondamentale nel lavoro che sta portando avanti il CEI, come è possibile vedere dagli obiettivi dei Gruppi di lavoro che sono stati creati a partire dal 2008, sempre ispirati dallo Strategic Business Plan del TC 111 della IEC. In particolare, l’IEC sta conducendo insieme ad ISO lo sviluppo della IEC/ISO 62959 in merito all’Environmental Conscious Design, sulla quale ha già sottolineato regole e procedure circa l’integrazione di aspetti ambientali nel design e nello sviluppo di prodotti elettrici ed elettronici. L’applicazione di principi dell’economia circolare riguarda, ovviamente, anche fasi successive a quella di design. Vi sono pubblicazioni riguardanti linee guida per la valutazione di prodotto dal punto di vista delle restrizioni sulle sostanze utilizzabili (IEC/TR 62476:2010), nonché per la determinazione dei livelli di specifiche sostanze regolamentate, o anche in merito alla valutazione della material efficiency (IEC 62824:2016). Altri esempi di circolarità riguardano le analisi di quantificazione delle emissioni di gas serra, in un’ottica di ciclo di vita (IEC/TR 62725:2013) o rispetto ad una baseline (IEC/TR 62726:2014).
In ultimo, è importante sottolineare anche le linee guida sulle informazioni circa la fine della vita utile dei prodotti: la IEC/TR 62635:2012, infatti, specifica la metodologia per lo scambio di informazioni fra operatori del settore ed il calcolo di indicatori di riciclabilità utili alle operazioni di end-of-life. L’IEC, e dunque anche il CEI, si stanno quindi muovendo nella direzione corretta verso i cambiamenti circolari che caratterizzeranno lo sviluppo economico futuro.
NOTE
1 In particolare, Axelsson (2012) stima che se il mondo avesse le abitudini di consumo della popolazione svedese, ogni anno occorrerebbero 3,25 “pianeti terra” per soddisfare la domanda di risorse.
2 Il modello nasce in lingua inglese ‘take-make-use-dispose’ ed è divenuto famoso grazie al lavoro della Ellen MacArthur Foundation.
3 “The closed earth of the future requires economic principles which are somewhat different from those of the open earth of the past. […] The closed economy of the future might similarly be called the “spaceman” economy, […] in which, therefore, man must find his place in a cyclical ecological system which is capable of continuous reproduction of material form even though it cannot escape having inputs of energy”.
4 The main definition issued by the EMF states that “A circular economy is restorative and regenerative by design, and aims to keep products, components, and materials at their highest utility and value at all times. A concept that distinguishes between technical and biological cycles, the circular economy is a continuous, positive development cycle. It preserves and enhances natural capital, optimises resource yields, and minimises system risks by managing finite stocks and renewable flows. A circular economy works effectively at every scale.”
5 Verso un modello di Economia Circolare per l’Italia – Documento di inquadramento e di posizionamento strategico (2017).
6 Policy Guidance on Resource Efficiency.
7 Sono qui compresi anche gli Stati Uniti, i quali hanno però ribadito la loro volontà di affrontare il tema dei cambiamenti climatici con iniziative interne, diverse da quelle precedentemente adottate nel rispetto del COP21.
8 Utili informazioni ed esempi possono essere trovati sul sito dell’organizzazione (https://thecirculars.org).
BIBLIOGRAFIA
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[13] Ministero dell’Ambiente – Ministero dello Sviluppo Economico (2017). Verso un Modello di Economia Circolare per l’Italia: documento di inquadramento e di posizionamento strategico.
[14] OECD (2016). Policy Guidance on Resource Efficiency.
[15] World Wide Fund for Nature (WWF – formerly World Wildlife Fund) (2008). Living Planet Report 2008. WWF International.
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