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GLI OBBLIGHI DI TRACCIABILITÀ DELLE SOSTANZE NELLE APPARECCHIATURE ELETTRONICHE

17/06/2021
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Massimo Arpini, Presidente CEI CT 111
Luca Landoni, Segretario CEI CT 111

Analisi degli adempimenti e delle norme a supporto dei produttori.

Ad inizio del 2021 ha fatto la sua entrata in scena nel panorama legislativo europeo il nuovo strumento introdotto dalla Direttiva 2018/851/UE, il cosiddetto Database SCIP Substances of Concern In articles as such or in complex objects (Products). Nello specifico, il disposto legislativo concretizzatosi nel Database SCIP prevede che le aziende che forniscono articoli contenenti sostanze estremamente preoccupanti (SVHC), inserite nella ormai nota Candidate List, in una concentrazione superiore allo 0,1% in peso su peso (p/p) sul mercato dell’UE, debbano presentare determinate informazioni su questi articoli all’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche – ECHA, a partire dal 5 gennaio 2021. Il database SCIP garantisce che le informazioni sugli articoli contenenti sostanze SVHC incluse nella Candidate List siano disponibili durante l’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, anche nella fase di fine vita. Le informazioni nel database potranno quindi essere messe a disposizione degli operatori dei rifiuti e dei consumatori.

Lo strumento in questione rappresenta solo l’ulteriore passo attuato dall’Unione Europea, e sicuramente non sarà l’ultimo provvedimento sul tema, allo scopo di dare evidenza su quali e quante sostanze preoccupanti siano effettivamente presenti nei prodotti che circolano sul mercato comunitario. Tale iniziativa è riconducibile alla volontà del legislatore comunitario di implementare a livello pratico, oltre che teorico, la trasformazione dell’economia europea in una vera economia circolare in grado di autoalimentarsi senza necessità di prelievo dall’ecosistema di nuove materie prime.

Passaggio fondamentale affinché si possa effettivamente affermare che i principi dell’economia circolare siano pienamente attuati, è che i materiali ottenuti dai processi di riciclo vengano reimpiegati nella fabbricazione di nuovi prodotti garantendo quindi la cosiddetta “chiusura del cerchio”.

Perché ciò avvenga, è dunque necessario che nel momento in cui un soggetto desideri immettere sul mercato un materiale (polimero, lega metallica o altro) ottenuto da processi di recupero e riciclo di rifiuti, quest’ultimo abbia una conoscenza approfondita e dettagliata in merito alla presenza di determinate sostanze. Il produttore intenzionato ad acquistare materiali derivanti da riciclo deve infatti assicurarsi che questi non contengano le cosiddette legacy substances, ovvero sostanze la cui presenza era precedentemente consentita all’interno dei prodotti e dei materiali costituenti, ma che tuttavia oggi risultano essere bandite o regolamentate da varie discipline e pertanto non accettabili all’interno di un prodotto da immettere sul mercato ai termini delle legislazioni vigenti in quel dato momento.

Se tuttavia tale disponibilità di informazioni può essere già difficile da ottenere per prodotti relativamente “semplici”, quali ad esempio mobili o abbigliamento, ottenere tutte queste informazioni risulta estremamente arduo e complesso per prodotti come le apparecchiature elettroniche che presentano una supply chain notevolmente lunga ed articolata e risultano costitute da numerosi materiali e componenti.

Seppur già dall’entrata in vigore del Regolamento REACH 1907/2006/CE fosse previsto un flusso informativo tra attori a monte e a valle della filiera, non è un segreto che ad oggi sia quantomai difficoltoso per un produttore arrivare a compilare una Bill of Materials (distinta base) in grado di elencare tutti i componenti, sottoassiemi, semilavorati e materie prime utilizzati per la realizzazione del prodotto.

Oltretutto, molti produttori ritengono spesso di poter ricorrere al cosiddetto meccanismo di silenzio-assenso, attendendo quindi che sia il fornitore a fare il primo passo in qualità di soggetto obbligato a trasmettere le informazioni. Tale opzione purtroppo non rappresenta una scelta percorribile per le legislazioni in materia di sostanze, in quanto, soprattutto per fornitori extra europei, potrebbe non esservi una conoscenza delle discipline in grado di stimolare l’invio dei dati necessari. Conseguentemente è buona prassi che sia il produttore di apparecchiature a sollecitare per primo la ricezione di quanto necessario, secondo le modalità che riterrà più opportuno in base alla conoscenza della sua supply chain e alle sue esigenze.

Per far fronte a questo nuovo obbligo di tracciabilità delle sostanze, che si aggiunge a quelli già esistenti e che, come detto, potrebbe essere affiancato da altri in futuro, esistono numerose norme in grado di supportare il produttore di apparecchiature fornendo indicazioni su:

  • come strutturare la raccolta di informazioni;
  • quali documentazioni richiedere e consolidare;
  • quali modelli standardizzati di raccolta dati e di comunicazione possono essere utilizzati;
  • quali possibili metodologie analitiche utilizzare per eventuali test di conferma della veridicità delle informazioni ottenute.

La Norma CEI EN IEC 63000

Parlando di modalità di gestione e raccolta di informazioni la prima Norma da citare e senza dubbio la CEI EN IEC 63000:2021-03. Scopo della norma è infatti quello di indicare la documentazione tecnica da compilare a cura del fabbricante per dichiarare la conformità ai sensi delle discipline in materia di limitazioni di sostanze a livello mondiale. La norma specifica quindi quale documentazione tecnica un fabbricante di apparecchiature debba compilare e raccogliere per potersi considerare e dichiarare conforme alle restrizioni applicabili.

Nata precedentemente come Norma armonizzata EN 50581, realizzata ai fini della Direttiva RoHS 2011/65/UE, la norma è stata poi richiesta dall’IEC per poter essere recepita ed utilizzata anche a livello internazionale in risposta alle numerose discipline analoghe alla direttiva RoHS sorte in ambito globale, come per esempio, per citarne alcune, la RoHS degli Emirati Arabi Uniti, la RoHS Russia, la China RoHS, ecc. Simili discipline, pur prevedendo in alcuni casi il ricorso a certificazioni ed enti terzi accreditati dai singoli Paesi, implicano tuttavia che il produttore abbia una conoscenza dettagliata della propria supply chain e sia in grado di raccogliere dai fornitori le informazioni necessarie a garantire la propria rispondenza agli obblighi previsti.

Poiché un prodotto elettronico può essere costituito da centinaia, anche migliaia, di materiali, componenti, parti, semilavorati per i quali è richiesta la rispondenza ai requisiti di restrizione delle sostanze, la tipologia di documentazione tecnica richiesta deve essere valutata dal fabbricante secondo i seguenti criteri schematizzabili in base alla matrice di rischio riportata in Figura 1:

  • probabilità della presenza di sostanze soggette a limitazione nei materiali/componenti – da valutare a seconda della tipologia di materiale/componente acquistato dai fornitori;
  • grado di affidabilità del fornitore – valutazione da definirsi in base allo storico dei rapporti e delle relazioni con il fornitore, nonché dal grado di conoscenza di quest’ultimo delle discipline e dei loro aggiornamenti.
Figura 1 – Schema di valutazione del fabbricante per la raccolta della documentazione tecnica in base alla matrice di rischio

Una lettura combinata dei due parametri: grado di affidabilità del fornitore e probabilità che all’interno del materiale/ componente o semilavorato acquistato siano presenti sostanze regolamentate, consente quindi di determinare quale strumento il fabbricante possa utilizzare per la raccolta di informazioni.

Tuttavia, se per quanto riguarda il grado di affidabilità del fornitore risultano esservi maggiori possibilità di effettuare una valutazione soddisfacente, molte imprese segnalano come risulti estremamente difficoltoso valutare la probabilità che una determinata sostanza sia presente, oltre i valori consentiti, nei materiali/componenti acquisiti, soprattutto nel caso in cui debbano essere considerate le oltre 200 sostanze in Candidate List.

Indicativamente, in riferimento alla Direttiva RoHS, è possibile schematizzare come segue (Figura 2) i principali impieghi di alcune delle sostanze regolamentate ed il relativo rischio di presenza tuttora riscontrabile in alcuni contesti/applicazioni.


Figura 2 – Schema per la valutazione della probabilità di presenza di alcune sostanze regolamentate in base alla Direttiva RoHS

Per approfondire maggiormente questo tipo di indicazione tecnica, a livello nazionale CEI CT 111 è stata recentemente aggiornata la Guida CEI 111-51 “Guida alla conformità RoHS: implicazioni tecniche e indicazioni di buona pratica”, all’interno della quale è presente un intero capitolo dedicato ad illustrare gli utilizzi più comuni delle sostanze regolamentate e i materiali/componenti in cui vi è probabilità di riscontrarne concentrazioni oltre soglia.

La Norma CEI EN IEC 62474

Poiché l’industria elettrica ed elettronica e la sua supply chain utilizzano le material declarations per tracciare e dichiarare informazioni specifiche sulla composizione dei materiali dei suoi prodotti, nel Comitato internazionale IEC TC 111 si è deciso di tentare di armonizzare i requisiti e migliorare l’efficienza di tali dichiarazioni attraverso la Norma CEI EN IEC 62474:2019-04, che dovrebbe quindi porre un limite al proliferare di format e modelli comunicativi regionali e settoriali differenti. Detta norma incarna quindi l’intenzione dell’industria del settore di uniformare a livello internazionale lo scambio di informazioni sulla composizione dei materiali, stabilendo requisiti per la segnalazione delle sostanze, standardizzando i protocolli e facilitando il trasferimento e l’elaborazione dei dati.

La norma prevede inoltre un database consultabile liberamente dal sito IEC https://std.iec.ch/iec62474 all’interno del quale è possibile reperire:

  • la lista delle Declarable Substance (DSL);
  • una lista di Reference Substance (RSL);
  • le classi di materiali impiegati nel settore;
  • i criteri di reporting standardizzati;
  • l’elenco di Esenzioni previste dalle singole discipline vigenti;
  • un formato standard basato su XML, adatto per la comunicazione machine to machine.

L’aggiornamento del Database è affidato ad un Validation Team internazionale, al quale partecipano i massimi esperti in materia di sostanze nominati dai singoli Comitati Nazionali, che valuta le modifiche sulla base delle evoluzioni che intervengono periodicamente nelle varie legislazioni.

Nell’elenco delle Declarable Substances vengono infatti incluse solo le sostanze che il Validation Team considera potenzialmente presenti nei prodotti e sistemi elettrici ed elettronici. In tal modo, produttori e fornitori possono utilizzare la DSL nella gestione della filiera di approvvigionamento per controllare e tracciare le sostanze di interesse. Va anche precisato che le sostanze inserite in DSL risultano dichiarabili ma non necessariamente pericolose o soggette a restrizioni. Ad esempio, possono essere incluse nel DSL delle sostanze e/o materiali che risultano preziosi ai fini del recupero a fine vita, è il caso delle cosiddette materie prime critiche (CRM) che stanno iniziando a comparire nelle normative che richiedono la rendicontazione delle sostanze per facilitarne il riciclo.

Recentemente la DSL è stata aggiornata per includere due sostanze aggiunte in Candidate List REACH lo scorso 19 gennaio, oltre ad un nuovo gruppo ritardanti di fiamma alogenati disciplinati dal Regolamento 2019/2021 che stabilisce requisiti per la progettazione ecocompatibile dei display elettronici.

All’interno del Database sono anche presenti degli elenchi di esenzioni e deroghe specifiche per alcune sostanze, previsti principalmente ai fini della Direttiva RoHS, Allegato III e IV, e della China RoHS. Gli elenchi vengono aggiornati con l’intenzione di rimanere allineati alle rispettive normative, ma anche per includere informazioni aggiuntive in grado di fornire indicazioni sulle esenzioni. Solitamente le informazioni concernono condizioni d’uso, date di scadenza e categorie di prodotti soggette.

La Norma CEI EN IEC 62321

Pur non essendo previsto ed in alcun modo obbligatorio ai fini REACH o RoHS, come ultima ratio il fabbricante può decidere di effettuare delle analisi per appurare la veridicità delle informazioni ottenute dal fornitore, o nel caso di mancata ricezione di informazioni, sia tramite un laboratorio interno sia rivolgendosi a laboratori accreditati. In simile circostanza, è possibile fare riferimento alla famiglia di Norme IEC 62321 che, pur non essendo norme armonizzate, risultano fondamentali per assicurarsi che i risultati ottenuti non risultino fuorvianti. Le norme della serie, nate in risposta alla Direttiva RoHS, guidano infatti nella preparazione dei campioni e nella modalità di conduzione dell’analisi, fasi che nel mondo elettronico risultano talvolta difficoltose in virtù dell’ampia gamma di materiali impiegati che richiedono un’elaborazione preventiva rispetto ad altri tipi di analisi (es. acqua potabile). Attualmente la famiglia comprende una decina di norme, tra le quali, si citano:

  • CEI EN 62321-1:2014  “Determinazione di alcune sostanze nei prodotti elettrotecnici
    Parte 1: Introduzione e panoramica”;
  • CEI EN 62321-2:2015  “Determinazione di alcune sostanze nei prodotti elettrotecnici Parte 2: Smontaggio, separazione e preparazione meccanica del campione”;
  • CEI EN 62321-3-1:2015  “Determinazione di alcune sostanze nei prodotti elettrotecnici
    Parte 3-1: Rilevazione nei prodotti elettrotecnici di piombo, mercurio, cadmio, cromo totale e bromo totale mediante spettrometria a fluorescenza a raggi X”;
  • IEC 62321-10:2020  “Determination of certain substances in electrotechnical products – Part 10: Polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) in polymers and electronics by gas chromatography-mass spectrometry (GC-MS)”.

Una digressione doverosa da effettuare parlando della serie IEC 62321, e che può essere intesa quale ulteriore conferma dell’utilità e della bontà delle norme, riguarda il fatto che secondo alcune legislazioni RoHS extraeuropee la produzione di test report presso laboratori esterni, effettuati secondo le suddette norme, rappresenta il solo metodo accettato per dimostrare la conformità dei prodotti. Va infatti evidenziato che mentre per le discipline comunitarie è ormai consolidato il ricorso all’autodichiarazione del produttore, rilasciata in attuazione di un controllo interno della produzione, nella maggior parte delle legislazioni in materia di sostanze riscontrabili a livello globale, non risulta previsto un meccanismo simile e, pertanto, viene imposta un’attività analitica e di certificazione tramite ente terzo a conferma delle dichiarazioni emesse dal produttore.

Conclusioni

Appare quindi evidente come il mondo normativo offra, già oggi, un significativo portafoglio di norme in grado di fornire un supporto concreto e consistente all’intera filiera elettrotecnica ed elettronica. L’auspicio è naturalmente quello che nell’immediato futuro si possa riuscire ad implementare ulteriormente tale offerta per stare al passo con la continua evoluzione delle legislazioni europee ed extraeuropee. La Commissione Europea sta infatti lavorando a delle ambiziose proposte legislative, note come Chemicals strategy for sustainability e Sustainable products initiative, entrambe mirate a ridurre la presenza di determinate sostanze sia in fase di impiego, sia in termini di presenza nei prodotti destinati ai consumatori.

In vista della finalizzazione di queste proposte legislative è ragionevole presumere che sarà richiesto il coinvolgimento degli enti di normazione con appositi mandati di standardizzazione. Naturalmente i singoli comitati risultano già preparati a rispondere, forti dell’incessante attività riscontrabile al proprio interno e consapevoli del ruolo rivestito. A dimostrazione del commitment degli enti normatori vi è l’attività intrapresa dal neocostituito Joint Working Group 16, tra IEC TC 111 e ISO TC 207, volta allo sviluppo di una norma internazionale sulla Material Declaration comune ai due enti normatori ed applicabile quindi a tutte le tipologie di materiali e prodotti. Mentre nel Gruppo di lavoro IEC responsabile della serie 62321 procede senza interruzioni lo sviluppo di ulteriori metodologie analitiche per allinearsi alle esigenze delle imprese. I comitati di normazione ambientale sono dunque pronti a continuare la propria attività e a mantenere il proprio ruolo di punto di riferimento tecnico per gli operatori del settore.

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