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IMPIANTI UTILIZZATORI DI ENERGIA ELETTRICA: MANUTENZIONE 4.0

17/09/2019
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Di Giuseppe Cafaro

Giuseppe CafaroDocente Politecnico di Bari

Da quando l’uomo realizza manufatti in un contesto di organizzazione sociale si è posto il problema della manutenzione. Le prime tracce scritte dell’esistenza di tale attività risalgono, incredibilmente, alle civiltà fluviali degli Egizi e dei Babilonesi; parliamo quindi di alcuni millenni Avanti Cristo allorché nell’interesse collettivo si richiedeva di mantenere in efficienza i canali e le vie d’acqua che garantivano la fertilità della valle del Nilo e della Mesopotania.

Ovviamente nel corso dei secoli la manutenzione è evoluta sino a diventare una scienza interdisciplinare che va oltre i confini tradizionali dell’ingegneria per estendersi a tecniche gestionali ed a valutazioni di natura economica.

Le società evolute, quelle definite occidentali o industriali, ma che dovremmo individuare soltanto per gli aspetti di garanzia della sicurezza e della salute degli individui e della collettività, determinano una sorta di obbligo della manutenzione che in Italia, e in Europa, va oltre il concetto della responsabilità di danni a terzi derivanti dalla mancata manutenzione. Questo aspetto è da sollevare perché le recenti crisi economiche hanno spinto la manutenzione verso l’intervento post-guasto, senza la corretta previsione delle conseguenze del “guasto” che talvolta  si trasforma in “catastrofe”. Nel settore elettrico di potenza questo approccio, vincolato da una visione economica asfittica e non  supportato  da  corrette considerazioni tecniche, è stato favorito da due aspetti, tutto sommato positivi, che hanno questi impianti.

Essi, infatti, sono caratterizzati da un alto livello di affidabilità: non è raro trovare componenti elettrici di potenza in funzione, tutto sommato onorevolmente, da oltre mezzo secolo. D’altro canto il rischio diretto, quello che si trasferisce dall’impianto elettrico all’uomo senza la mediazione ambientale, difficilmente coinvolge più di una persona per volta, anche se è facile che avvenga con esiti fortemente ingiuriosi per il fisico.

Insomma non è lontano dal vero ritenere che nel settore elettrico sia diffusa la pratica e la convinzione che l’impianto utilizzatore non abbia bisogno di manutenzione sino ad arrivare al comodo smarrimento di memoria circa l’obbligo di legge della stessa.

Vorremmo invece ricordare come il Decreto 37/08, noto ai più come “la nuova Legge 46/90”, richiami più volte l’obbligo della manutenzione.

Nell’articolo 8, comma 2, in particolare richiama l’obbligo in capo al proprietario di adottare “le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate”.

Da questo articolo derivano due obblighi: da parte dell’installatore quello di rilasciare il manuale d’uso e manutenzione degli impianti elettrici utilizzatori e dall’altra l’obbligo del proprietario di effettuare la manutenzione. C’è da sperare che una prossima revisione del DM 37/08, che necessita di manutenzione, ripristini l’art. 13 sciaguratamente eliminato in una finanziaria, e che rendi il manuale d’uso e manutenzione allegato obbligatorio alla dichiarazione di conformità. Intanto bisogna dare atto all’azione meritoria del Prosiel che ha predisposto uno schema di manuale d’uso e manutenzione (Figura 1) diffondendone la conoscenza e l’importanza con frequenti iniziative sul territorio svolte insieme al CEI.

Figura 1 – Copertina del Libretto d’impianto elettrico
Figura 2 – Il Libretto oggi è in versione APP per dispositivi mobili

Il DM 37/08 si applica a tutti gli edifici quale che sia la destinazione d’uso, quindi anche a quelli ad uso residenziale. Per gli edifici che ospitano attività lavorative, ovvero dove c’è anche un solo lavoratore o equiparato, gli obblighi sono stati sempre presenti, con più o meno enfasi, in tutte le disposizioni legislative che avevano a che fare con la sicurezza e la salute del lavoro.

Per restare alle disposizioni più recenti, il Testo Unico sulla sicurezza (D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) già nella parte generale richiama l’obbligo del datore di lavoro affinché “i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori”.

Inoltre si richiede, sempre tra gli obblighi del datore di lavoro, che “gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento”.

L’obbligo manutentivo è ripreso dal TU proprio quando nel capo III (impianti ed apparecchiature elettriche), richiama più volte l’obbligo della manutenzione e dei controlli di sicurezza, da non confondere con quelli imposti dal DM 462/01. Obbliga, infine, al mantenimento di un registro dei controlli sull’impianto elettrico da tenere a disposizione dell’autorità di vigilanza.

Questo rinnovato richiamo alla doverosa manutenzione deve far  riflettere.  Se la manutenzione è un obbligo generale del datore di lavoro perché il legislatore ha sentito la necessità di reiterare e rinforzare l’obbligo in relazione al rischio elettrico?

È evidente una particolarità degli impianti elettrici utilizzatori: è difficile, diremmo impossibile, separare gli aspetti funzionali dagli aspetti della sicurezza. Insomma un impianto elettrico non efficiente non è solo un impianto che “non funziona bene” ma è soprattutto un impianto pericoloso o che sta per diventare pericoloso.

Tutto quanto deduciamo dalle leggi vigenti è esplicitamente presente nel DM 3 agosto 2015 che relativo alle norme tecniche antincendio. Una ricerca della presenza al suo interno della parola manutenzione, la trova ampiamente presente e diffusa. Fermandosi agli aspetti concettuali ritroviamo l’obbligo dei manuali d’uso e manutenzione, l’obbligo dei registri, il richiamo dei pericoli stessi connessi alla manutenzione ed infine, ma non meno importante, il fatto, incontestabile, che la manutenzione è connessa alle scelte progettuali. Obbliga, tale disposizione legislativa, a scelte progettuali “che prediligono soluzioni più semplici, realizzabili, comprensibili, per le quali è più facile la manutenzione”.

Tale aspetto, ovvero le scelte progettuali che considerino le modalità manutentive, è trascurato dai professionisti e formalmente affrontato solo quando esiste una premialità in fase di gara pubblica per quelle proposte che riducano i costi della manutenzione.

Eppure il codice degli appalti, applicato alle opere pubbliche per importi che diverranno nel corso degli anni sempre più bassi, obbliga già i progettisti ad “una valutazione del ciclo vita e della manutenibilità delle opere”. Ma se ci si può appellare all’ignoranza del contenuto delle leggi, o meglio di quelli aspetti ritenuti colpevolmente secondari, non si può non essere colpiti dall’evidente ignoranza, nel senso che è ignorata, della norma fondamentale per l’impiantista elettrico: la CEI 64-8.

Nella Parte 3 di tale norma, quella che tratta le “Caratteristiche generali” degli impianti elettrici utilizzatori, si richiede che sia “fatta una valutazione della frequenza e qualità della manutenzione che si può ragionevolmente prevedere nel corso della vita prevista dell’impianto. […] in modo che, tenuto conto della frequenza e della qualità della manutenzione, per la durata prevista dell’impianto: possano essere compiute facilmente in sicurezza tutte le verifiche periodiche, le prove e le operazioni di manutenzione e di riparazione che si prevede siano necessarie”.

Potremmo, a questo punto, ritenere degna di considerazione una interpretazione non restrittiva dell’art. 22 del TU sulla sicurezza che tratta la responsabilità dei progettisti. In questo articolo, infatti, il legislatore richiede che “i progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia  di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche […]”.

Chiudendo il cerchio delle considerazioni sinora evidenziate, un impianto elettrico progettato senza scelte che tengano conto della manutenzione e dotato di una qualità che consenta di svolgere tali operazioni facilmente e in sicurezza, oggettivamente viola i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, violando, quindi, il citato articolo 22, per altro sanzionato dal medesimo dispositivo di legge.

In questa severa cornice legislativa è ovvio che il mondo normativo abbia sviluppato molta attenzione alla manutenzione.

Ovviamente gli impianti elettrici non sono esenti dal problema manutentivo che, anzi, assume specificità che hanno reso necessario un impegno normativo da parte del CEI insieme all’UNI per alcuni aspetti, e del CEI in particolare per gli aspetti più tipici del settore elettrico. Anche in questo campo, per altro, le norme sono sempre più di respiro internazionale e vengono acquisite in Italia, con il dovuto apporto delle competenze nazionali, quelle emesse dalla IEC e dal CENELEC.

Per capire la portata dell’impegno del CEI al settore manutenzione basta usare lo strumento “Mynorma” per individuare che ben 132 fascicoli di norme abbiano nell’abstract la parola manutenzione, il che vuol dire che, in maniera più o meno profonda, essa è oggetto di interesse. A cominciare, ovviamente, dal Comitato Tecnico 56 sulla fidatezza, che fornisce molti strumenti di base per chi voglia trattare in  maniera più  scientifica la manutenzione, come parte dell’affidabilità di componenti e sistemi.

Si diceva che gli impianti elettrici hanno caratteristiche  tali da rendere particolare l’esigenza e la esecuzione della manutenzione. Esse possono essere così sintetizzate:

  • apparecchiature e parti di impianto con un lungo ciclo di vita;
  • impossibilità di separare la funzionalità dalla sicurezza
  • costo dell’indisponibilità del componente elettrico amplificato dal costo della mancata fornitura del servizio;
  • indisponibilità di apparecchiature elettriche in assenza di guasto rilevabile;
  • la manutenzione elettrica è un’attività con particolare esposizione al rischio.

Degli aspetti relativi ad apparecchiature elettriche (trasformatori, blindosbarre, interruttori aperti, cabine a vista, ecc.) in funzione da oltre 50 anni abbiamo già parlato. Si vuole soltanto ricordare che esiste un approccio scientifico anche per la gestione di tali apparecchiature o sistemi. La Norma CEI EN 62402, infatti, ha per oggetto la “Gestione dell’obsolescenza – Guida Applicativa”. Trattasi ovviamente di una norma generale di tipo metodologico con ampia possibilità di applicazione.

Una valutazione della convenienza della manutenzione elettrica non può risolversi in un equilibrio di costi interni a questa tipologia impiantistica. Infatti il guasto dell’apparecchiatura elettrica comporta almeno un costo aggiuntivo determinato dalla mancata fornitura di energia elettrica all’utenza alimentata, in taluni casi, inoltre, bisogna tenere conto che il guasto elettrico può determinare un evento di capacità dannosa molto più ampia. Da un’indagine statistica svolta da compagnie assicurative nel centro Europa risulta che il 64% dei guasti elettrici determinano un incendio. Non è corretto quindi comparare il costo della manutenzione elettrica con il costo a nuovo del componente guasto.

L’indisponibilità di un’apparecchiatura elettrica, o di parte di un sistema elettrico, è talvolta dovuta non ad un guasto rilevabile fisicamente ma solo da corrette condizioni di alimentazione elettrica, tipicamente la qualità della tensione elettrica. In questi casi una diagnostica post-guasto è spesso inutile in quanto non rileva alcun guasto, che in effetti non c’è stato, e non è in grado di determinare la causa dell’indisponibilità. Solo il monitoraggio delle condizioni di alimentazione è in grado di suggerire quei provvedimenti che consentono di prevenire ulteriori condizioni di indisponibilità.

Infine, la manutenzione elettrica non è solo una particolare condizione di esercizio in cui valutare l’esposizione al rischio elettrico, ma è quella condizione di esercizio che determina la massima esposizione al rischio elettrico. Lo svolgimento delle attività  di  manutenzione  elettrica è soggetta alle regole delle Norme CEI 11-27CEI EN 50110. Esse impongono che a svolgere l’attività manutentiva sia solo personale esperto e/o avvertito, riservando alle persone comuni solo piccoli e semplici interventi quali il cambio lampade ed il cambio fusibili, sempre sotto condizioni ben precise.

Insomma, da un lato la sicurezza di chi utilizza l’impianto elettrico è legata prima alla conformità dello stesso alla regola dell’arte, garantita da chi realizza l’impianto,  e poi dal datore di lavoro che mantiene inalterata tale conformità, dall’altro la sicurezza di chi fa manutenzione dell’impianto elettrico è garantita dall’applicazione delle procedure di lavoro e dalla qualifica del personale come indicato dalle norme citate.

Ma la questione di fondo è se la manutenzione degli impianti elettrici utilizzatori è utile e necessaria o è solo un esercizio diseconomico imposto da disposizioni legislative e/o normative. Le compagnie assicuratrici hanno svolto negli anni recenti indagini statistiche sui sinistri che sono stati di loro interesse in ambito elettrico.

Il risultato sintetico dell’indagine è riportato nella Figura 2.

Figura 2 – Correlazione tra guasti di apparecchiature elettriche e manutenzione.

Analizzandolo non si può non rimanere sorpresi dal fatto che nel 17% dei casi il guasto è causato dall’assenza di manutenzione. Cioè non si dice che l’assenza di manutenzione non ha prevenuto il guasto, come nel 60% dei casi, ma che l’assenza di manutenzione ha causato il guasto.

Per differenza, solo nel 23% dei guasti rilevati non esiste una correlazione diretta tra assenza di manutenzione e guasto. Se, come in seguito vedremo, le attività di monitoraggio vengono messe tra quelle di una parte operativa della manutenzione preventiva, la fetta della torta che indica eventi non correlati all’assenza di manutenzione si assottiglierebbe parecchio. Se ricolleghiamo questi dati alla relazione tra guasti elettrici ed incendi ci si rende conto che non si può che ribadire la necessità ed utilità della manutenzione.

Se questo è il panorama della manutenzione degli impianti elettrici utilizzatori, resta da affrontare la relazione con la rivoluzione 4.0. Relazione che può essere declinata in due diverse direzioni: la manutenzione 4.0 su qualunque tipologia d’impianto e la manutenzione dei siti produttivi, e dei suoi impianti di alimentazione elettrica, 4.0.

Un principio della rivoluzione 4.0 è che porti ad un incremento della produttività attraverso minori tempi di set-up, riduzione errori e fermi macchina, anche per manutenzione. Proprio quest’aspetto, i fermi macchina, è quello che ha reso popolare la manutenzione non programmata, da svolgersi solo a guasto avvenuto, che ha già provocato il fermo, od opportunistica, per la quale la manutenzione si svolge in occasione di fermi determinati da altri eventi. Un impianto 4.0, che dispone, quindi dell’apporto di internet delle cose (IoT) e da questo goda dell’informazione dei BIG DATA, consente di poter attivare quella che la Norma CEI 56-50 chiama manutenzione controllata, da essa definita come “Un metodo che permette di assicurare una qualità del servizio desiderata mediante l’applicazione sistematica di tecniche di analisi che usano mezzi di supervisione centralizzata e/o un campionamento per minimizzare la manutenzione preventiva e ridurre la manutenzione correttiva.”

In pratica essa è una metodologia che tende a limitare l’interruzione del servizio eseguendo solo la manutenzione necessaria solo quando è necessario.

Ma la tecnologia 4.0 consente di andare oltre, soprattutto tenendo presente che il mondo 4.0, con le dovute precauzione della cyber security, è un mondo aperto all’esterno ed è il mondo dell’IoT.

Val la pena di ricordare la definizione di IoT fornita dalla Norma ISO IEC 20924 (2018): “infrastruttura interconnessa di entità, persone, sistemi e risorse di informazione dotata di servizi che elaborano e reagiscono alle informazioni provenienti dal mondo fisico e dal mondo virtuale”.

Le “cose” 4.0, quindi, sono inserite in una infrastruttura interconnessa e ricevono, elaborano, inviano e reagiscono ad informazioni che provengono dal mondo esterno, cioè quello a cui sono collegati.

Quindi ognuna di esse ha un livello di elaborazione e di decisione indipendentemente dall’intervento umano, nell’ambito della libertà concessa ad esse dall’uomo.

Tutto ciò porta a nuovi concetti nell’ambito della manutenzione e le cui definizioni sono più esplicative di ogni commento:

  • manutenzione remota: manutenzione svolta senza che il personale abbia diretto accesso fisico all’entità;
  • manutenzione automatica: manutenzione svolta senza intervento umano;
  • autoripristino: ripristino senza interventi esterni.

Ma la rivoluzione 4.0 prevede che le strutture e gli impianti si possano adeguare a nuove condizioni di funzionamento e, cioè, che possano in ogni istante adeguare e migliorare complessivamente le prestazioni produttive.

In tale quadro, la definizione tradizionale di manutenzione intesa come “Combinazione di tutte le azioni tecniche e gestionali finalizzate a mantenere o ripristinare lo stato di un elemento tale per cui possa svolgere la funzione richiestarisulta decisamente superata.

Infatti nel mondo della manutenzione compaiono nuove definizioni apparentemente contraddittorie rispetto a quella tradizionale. Si parla pertanto di miglioramento della fidatezza intesa come “Combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali previste per migliorare l’affidabilità intrinseca e/o la manutenibilità e/o la sicurezza di una entità senza modificare la funzione originale”.

O si parla esplicitamente di modernizzazione intesa come “Modifica o miglioramento dell’entità, tenendo conto delle innovazioni tecnologiche, per soddisfare requisiti nuovi o modificati”. Allora, oggi, un moderno contratto manutentivo dell’impianto elettrico utilizzatore deve intendersi come un contratto di conduzione con obiettivi prestazionali adeguati ai tempi quali la disponibilità ai fini produttivi, l’efficienza energetica, l’aumento delle prestazioni, ecc.

Come già anticipato, il CEI è impegnato nel campo della manutenzione fornendo strumenti normativi di vario livello per tutta la filiera elettrica, a partire dei contenuti della Norma CEI 64-8, alcuni già citati.

Si va da norme metodologiche, come quelle del  CT 56, a disposizioni specifiche soprattutto in ambito di verifiche e controlli, fino a guide specialistiche mirate alla manutenzione, di seguito citate in modo esemplificativo:

  • CEI 78-17 “Manutenzione delle cabine elettriche MT/MT e MT/BT dei clienti/utenti finali”;
  • CEI UNI 11222 “Luce e illuminazione – Impianti di illuminazione di sicurezza degli edifici – Procedure per la verifica e la manutenzione periodica”;
  • CEI EN 60079-17 “Atmosfere Esplosive – Parte 17: Verifica e manutenzione degli impianti elettrici”.

Ovviamente si accompagnano a quelle citate, un numero notevole di norme di prodotto che contengono indicazioni sulla manutenzione del prodotto stesso.

Ultima, ma non meno importante, la Guida CEI 0-10 avente per oggetto, appunto, “la manutenzione degli impianti elettrici”. Tale guida, risalente al 2002 è oggi in revisione ed il Gruppo di lavoro ha approntato una prima versione che sarà discussa nel Comitato competente.

Questa guida fornirà le informazioni di base per poter impostare un programma manutentivo fornendo anche le indicazioni metodologiche e affrontando gli aspetti manutentivi per situazioni fuori dall’ordinario quali gli impianti rientranti nella Parte 7 della CEI 64-8 e quelli presenti in luoghi sottoposti al controllo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

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