Enti normatori europei, Commissione Europea ed EFTA incontrano l’India (Nuova Delhi, 26 aprile 2018).

Dispositivi di protezione con tecnologie fotoelettriche.
Francesco Mirandola, membro CEI CT 44
I dispositivi elettrosensibili di protezione, noti anche con l’acronimo ESPE (Electrosensitive protective devices), sono sensori senza contatto che servono per rilevare la presenza di una persona all’interno della loro area sensibile.
Non è necessario un contatto diretto per l’attivazione del sensore come avviene invece per altri dispositivi elettro-meccanici come i tappeti e i bordi sensibili. A seconda delle esigenze vengono usati per rilevare tutto il corpo oppure le dita, la mano, gli arti di un operatore che si avvicina o si trova nei pressi della parte pericolosa di una macchina. Gli ESPE non sono dunque dei rilevatori classici, ma sono dispositivi di sicurezza che devono garantire la protezione della persona incaricata dell’uso della macchina in tutte le condizioni di lavoro e ambientali tipiche di un sito di produzione industriale.
I primi ESPE comparvero sul mercato intorno agli anni ‘60 e incontrarono immediatamente un crescente successo grazie alla loro affidabilità e versatilità di impiego. Le prime norme internazionali sugli ESPE comparvero invece alla fine degli anni ‘80 quando il CENELEC, facendo ordine nel settore, decise di preparare una norma sulle barriere fotoelettriche di sicurezza in sostituzione delle regole nazionali e delle specifiche tecniche di costruzione e collaudo in vigore e diverse da Paese a Paese. Affidò quindi al TC 44X il compito di preparare una versione aggiornata delle norme inglesi BS 6491-1,2 che vennero prese come draft di riferimento. Successivamente, dopo l’accordo di Dresda, questa attività venne inglobata nell’ambito dei lavori IEC, la norma originale CENELEC fu riorganizzata separandola in una parte base, generale, che riunisce requisiti di progettazione e di test comuni a tutte le tecnologie di rilevamento più una serie di sottoparti parti ognuna dedicata a una particolare tecnica di rilevamento.
I tipi di ESPE che via via sono stati sviluppati in questi anni e per i quali sono state scritte sottoparti della norma base sono le Barriere fotoelettriche di sicurezza, i Laser scanner di sicurezza e i sensori di visione di sicurezza. I sensori ad ultrasuoni, i sensori capacitivi, i sensori a microonde e i sensori piroelettrici, che pure potrebbero essere impiegati per il rilevamento del corpo umano o di sue parti, dopo alcuni tentativi di impiego sono stati per ora abbandonati perché risulta molto complicato sia definirne con precisione i limiti dell’area sensibile, sia mantenere costante la loro capacità di rilevamento in funzione delle sollecitazioni ambientali tipiche di un ambiente industriale. Il TC 44 IEC in ogni caso ha deciso, per ora, di non investire risorse per queste tecnologie.
Barriere fotoelettriche di sicurezza
Una barriera fotoelettrica di sicurezza consiste sostanzialmente di due colonne poste ai lati del varco da proteggere all’interno delle quali viene generata una griglia di fasci ottici paralleli equamente separati gli uni rispetto agli altri in modo che la loro distanza reciproca determina la risoluzione del dispositivo. Questa configurazione si può ottenere o tramite l’uso di dispositivi punto-punto oppure mediante dispositivi a retro-riflessione su catarifrangente. L’area sensibile così generata è fissa, bidimensionale ed è determinata dall’altezza delle colonne e dalla loro reciproca distanza. Nel caso che un oggetto opaco di dimensioni definite interrompa uno o più raggi, la barriera invia un segnale di stop alla macchina. La funzione di protezione viene ottenuta posizionando l’ESPE ad una cosiddetta “distanza di sicurezza” tale che, dopo aver oltrepassato la sua area sensibile, la persona o gli arti della persona possano raggiungere la parte pericolosa della macchina soltanto quando il rischio è finito, cioè a macchina ferma. Fa eccezione a questa configurazione un particolare tipo di sensore usato per la protezione della parte mobile di una pressa- piegatrice.
Laser Scanner di sicurezza
È evidente che le barriere fotoelettriche diventano inutili quando l’area da proteggere è mobile oppure quando occorre variarne forma e dimensioni in modo dinamico come avviene per esempio negli AGV (Automated Guided Vehicles). Per far fronte a questa necessità alcuni costruttori, leader del mercato, idearono a metà degli anni ‘90 uno straordinario tipo di sensore: il laser scanner di sicurezza. Ancora oggi questo dispositivo rappresenta la punta di diamante fra i sensori di sicurezza per complessità tecnologica e flessibilità di impiego. Il laser scanner misura continuamente la distanza fra sé e gli oggetti che rientrano nel suo campo di azione per mezzo di quella piccola frazione dell’impulso laser emesso che viene re-diffuso in asse con la direzione di emissione. Effettuata la misura, l’apparecchio decide se l’oggetto si trova all’interno dell’area protetta che è stata precedentemente configurata mediante programmazione; in caso affermativo invierà un comando di arresto all’AGV. Il CT 44, che fu coinvolto fino dalle fasi iniziali di progettazione, diede un contributo fondamentale al successo di questo dispositivo aiutando a migliorarne le prestazioni, l’affidabilità e la sicurezza; ancor oggi la IEC 61496-3 che ne derivò è considerata una delle norme più complete e meglio strutturate fra quelle elaborate per la sicurezza del macchinario.
Sensori di visione di sicurezza
Anche il laser scanner, tuttavia, pone delle limitazioni di impiego quando occorre operare vicino al rischio perché, per esempio, un particolare processo di produzione richiede una stretta collaborazione uomo- macchina. È a causa di queste limitazioni che in questi ultimi tempi si stanno sperimentando sistemi di sicurezza basati sulle tecnologie di visione 3D capaci di rilevare in tempo reale sia la posizione delle persone o degli arti delle persone che si muovono all’interno di volumi che la posizione e la velocità relativa delle parti pericolose della macchina in modo che possa essere evitata la collisione. Il grande vantaggio di questo metodo sta nel fatto che il sistema produttivo non viene interrotto fino a quando non esiste veramente il rischio di collisione. Le tecniche di visione 3D che offrono un maggior potenziale di applicazione e per le quali si ha una maggior esperienza, vanno dai laser scanner meccanici, alla stereoscopia e alla misura del tempo di volo (TOF).
Purtroppo queste tecniche presentano ancora limiti tecnologici e di costo insormontabili per il settore del macchinario industriale. Possiamo quindi dire che ad oggi non esistono sul mercato sensori di visione di sicurezza 3D che siano economici, robusti e in grado di rilevare la posizione nello spazio di un oggetto con caratteristiche di riflessività qualsiasi che si muove su uno sfondo che può avere le stesse caratteristiche ottiche dell’oggetto da rilevare e con probabilità di rilevamento prossima a uno. Si spera che l’impulso che sta avendo la guida autonoma nel settore automotive possa rendere disponibili a breve sensori con prestazioni e costi accettabili. È ragionevole confidare che questi dispositivi possano essere modificati e migliorati per l’impiego nel campo della sicurezza del macchinario.
Il Comitato Tecnico IEC TC 44, per venire incontro ai costruttori che si vogliano cimentare nello sviluppo di questi dispositivi, ha prodotto due Specifiche Tecniche (IEC TS 61496-4-2 e IEC TS 61496-4-3) che forniscono una guida sui requisiti minimi da rispettare per quanto riguarda la capacità e l’affidabilità di rilevamento e corrispondenti metodi di test per la validazione.
Norme di applicazione
Parallelamente allo sviluppo delle norme sui dispositivi elettrosensibili di protezione ha preso corpo faticosamente attraverso ritardi, annullamenti, modifiche di indirizzo una nuova norma, la IEC TS 62046. Si tratta in sostanza della prima norma che disciplina non tanto la progettazione, costruzione e validazione di un dispositivo elettrosensibile, quanto il suo corretto posizionamento ed il suo corretto interfacciamento col macchinario. Fino ad ora infatti non esistevano prescrizioni condivise e puntuali per l’installazione dei dispositivi elettrosensibili ad eccezione della ISO 13885 che fornisce prescrizioni per quanto riguarda le distanze minime da tenere fra sensore di protezione e organo pericoloso della macchina.
Ad oggi sono state pubblicate le seguenti Parti:
Va segnalato che queste norme non sono armonizzate ai sensi della Direttiva Macchine. La questione non è cosa di poco conto in quanto i dispositivi di protezione destinati al rilevamento delle persone sono inseriti nell’Allegato IV della D.M. e pertanto oggi un fabbricante che voglia immettere un nuovo modello di ESPE sul mercato europeo, non avendo a disposizione Norme Armonizzate, dovrà coinvolgere un Organismo Notificato che sottoporrà il dispositivo ad un esame CE di tipo, oppure procederà alla valutazione del sistema di garanzia di qualità totale del fabbricante.
Questa decisione è condivisa dalla maggioranza degli organismi nazionali che partecipano ai lavori normativi sugli ESPE. In sostanza, poiché la norma non può essere esaustiva per tutti i tipi di tecnologie presenti o ipotizzabili, si ritiene che occorra una altissima competenza nell’interpretarne ed analizzarne in modo appropriato i requisiti di progetto e di prova stabiliti nelle norme; si ritiene perciò opportuno che, prima dell’immissione sul mercato, il dispositivo sia esaminato da un Organismo Notificato dotato di risorse umane, strumentali e tecniche adeguate.
Aggiornamento allo stato dell’arte delle norme sugli ESPE
La continua evoluzione tecnologica e l’introduzione di sistemi di produzione sempre più sofisticati ed automatizzati si è riflessa anche su questi tipi di sensori che hanno effettivamente avuto una evoluzione importante verso dispositivi di nuova generazione dotati di adeguate caratteristiche di precisione, flessibilità, intelligenza ed integrabilità. Parallelamente, l’IEC TC 44 ha dovuto adattare le norme a questi cambiamenti per far sì che continuassero a rappresentare “lo stato dell’arte”, stimolando inoltre i fabbricanti a produrre dispositivi sempre più performanti per sicurezza e affidabilità di funzionamento. Alcune di queste norme sono alla seconda edizione, altre sono alla terza edizione e sono in preparazione emendamenti di aggiornamento. Oggi gli ESPE sono ampiamente usati dai costruttori di macchine e solitamente sono preferiti a protezioni meccaniche più ingombranti e meno user friendly. Il mercato globale dei dispositivi elettrosensibili di protezione sostenuto dalla serie di Norme IEC 61496 vale oggi circa 350 M € ed è in continua crescita.
Nuovi progetti
Le norme fin qui elencate forniscono requisiti di progettazione e di prestazione per sensori che sono posti all’interno di un ambiente industriale con ben definite condizioni ambientali e che reagiscono rilevando un oggetto opaco che rappresenta una geometria semplificata del corpo umano. La recente introduzione sul mercato di sistemi a guida autonoma sempre più sofisticati, di robot collaborativi, di carrelli elevatori a guida assistita di robot di servizio professionali utilizzati ad esempio per spostare merci all’interno di un magazzino oppure per impieghi in campo agricolo, richiedono nuovi tipi di sensori e nuove funzioni di rilevamento.
Sono necessarie tecniche di rilevamento innovative come la classificazione di oggetti e il riconoscimento di proprietà delle persone (dimensione, posizionamento degli arti, della testa, riflettività degli indumenti, caratteristiche della pelle, velocità e direzione del movimento, postura). Sono necessari sensori che siano in grado di lavorare anche all’aperto in condizioni di scarsa visibilità e in combinazione fra di loro; ecco che sensori a ultrasuoni e sensori radar, temporaneamente accantonati, potrebbero tornare di attualità.
Servono tecniche di geolocalizzazione per individuare in modo sicuro la posizione di una macchina mobile e per impedire che esca dalla sua zona operativa. È evidente che l’approccio deterministico fin qui usato per elaborare le norme sugli ESPE non è praticabile per queste nuove applicazioni perché richiederebbe, prima ancora di scrivere la norma, la disponibilità almeno di prototipi per ognuna delle applicazioni sopra descritte che andrebbero ampiamente testati e valutati per dimostrarne la sicurezza e la capacità di rilevamento.
D’altra parte i costruttori sono riluttanti a investire in progetti così complessi e di lunga durata senza prima conoscere le regole del gioco. Una soluzione a questo problema potrebbe essere quella di usare le norme generiche sulla sicurezza funzionale IEC 61508, oppure la IEC 62061, da essa derivata, specifica per il settore del macchinario industriale. Sfortunatamente, le norme generiche si concentrano principalmente sugli aspetti che riguardano i guasti dell’hardware e i guasti del software mentre aspetti legati alla fisica del sensore, al principio di rilevamento e alla capacità di rilevamento in ambiente naturale non sono presi in considerazione.
L’applicazione di queste norme richiederebbe perciò, da parte del fabbricante, un’analisi aggiuntiva approfondita, costosa e di durata considerevole sulle capacità sistematiche del sensore o dei sistemi di sensori in funzione della capacità di rilevamento. Per ovviare a questo problema, l’IEC TC 44 ha istituito un Gruppo di Lavoro, il WG 14, con l’incarico di elaborare un documento che fornisca requisiti per lo sviluppo e l’integrazione di sensori e sistemi di sensori quando le norme della serie IEC 61496 non sono applicabili. Il risultato di questo lavoro è contenuto nella proposta di Specifica Tecnica IEC TS 62998-1 CDV/DTS “Safety-related sensors used for the protection of person”.
Questo documento sarà distribuito entro breve tempo ai Comitati Nazionali per analisi e eventuale approvazione.