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TRASFORMATORI DI MISURA INNOVATIVI

03/12/2018
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Nuove funzionalità e nuove accortezze per gli utilizzatori.

Filippo Frugoni, Segretario IEC TC 38

Con la pubblicazione della nuova edizione delle norme sui trasformatori di misura di piccola potenza il Comitato Tecnico 38 ha introdotto una serie di nuovi concetti e requisiti che richiedono qualche modifica nell’approccio da parte degli utilizzatori della norma in fase di specificazione, di prova e di applicazione.

Il presente articolo intende presentare le novità più salienti e le accortezze più o meno ovvie a cui è necessario prestare attenzione nel cambio di tecnologia.

Introduzione

È ormai dagli anni ’90 che si parla di nuove tecnologie nel campo dei trasformatori di misura. È chiaro che tutte le tecnologie sono nuove rispetto alle precedenti e sono vecchie rispetto a quelle successive.   I trasformatori di misura non fanno eccezione. A quel tempo si parlava di “trasformatori di misura non convenzionali”; questa categoria includeva tutto ciò che era diverso dal classico TA o TV induttivo e dal TVC. Quindi comprendeva per esempio le bobine di Rogowski, i trasformatori basati su effetti elettro-ottici, eccetera.

Col tempo queste tecnologie hanno visto una discreta penetrazione di mercato, soprattutto in Media Tensione, e pertanto ciò che prima era visto come “non convenzionale” oggi non lo è altrettanto e quindi il CT 38 ha bandito questa definizione (peraltro di taglio piuttosto commerciale) ed ha preferito definire collettivamente questa categoria come Low Power Instrument Transformers (LPIT), spostando quindi l’attenzione sul fatto che trattasi di trasformatori di misura di piccola prestazione (anche molto piccola o nulla, come nel caso della uscita numerica).

Gli LPIT offrono numerosi vantaggi in termini prestazionali oltre che di costo però, trattandosi a volte di tecnologie molto diverse dalle precedenti, richiedono da parte degli utilizzatori delle accortezze supplementari che, se trascurate, possono vanificarne i benefici.

La migrazione dalle vecchie alle nuove norme

I trasformatori di misura Low Power sono stati introdotti dal CT 38 tra il 2001 ed il 2004 con le Norme CEI EN 60044-7 e 60044-8. Il periodo di gestazione di quelle norme è stato estremamente lungo e questo perché in effetti non esistevano standard di mercato affermati ed era oggettivamente difficile standardizzare oggetti per lo più allo stadio prototipale o sperimentale.

Per di più la carne al fuoco era molta in quanto nelle due norme citate si volle standardizzare sia dispositivi con uscita analogica, sia LPIT con uscita digitale, introducendo un protocollo specifico per i trasformatori di misura.

Con la migrazione di tutto il corpus normativo dei trasformatori di misura dalla serie 60044-XX alla nuova serie 61869-XX si è rimesso mano a tutta la materia, poiché non è stato fatto solo un lavoro di rielaborazione editoriale (passando da norme stand-alone a norme strutturate per requisiti generali e requisiti particolari, ecc.), ma si è voluto fare un aggiornamento tecnico globale.

Questo ha consentito di correggere alcuni aspetti deficitari delle norme precedenti ed aggiungere altri aspetti che nel frattempo erano emersi come importanti.

Il corpus normativo finora pubblicato riguardante gli LPIT è descritto in Tabella 1.

Tabella 1 – Come si articola oggi la normativa per gli LPIT

Le innovazioni editoriali sono evidenti: nel caso, per esempio, delle bobine di Rogowski anziché una sola norma (CEI EN 60044-8) ora bisogna utilizzare tre norme: la norma generale CEI EN 61869-1, più la norma CEI EN 61869-6 che contiene i requisiti specifici per tutti gli LPIT, più la CEI EN 61869-10 che contiene le clausole specifiche per i TA Low Power passivi, di cui le bobine di Rogowski fanno parte.

Accanto però alla apparente maggior complessità nella struttura della norma, bisogna dire che questa organizzazione è maggiormente razionale e consente di eliminare tutte le incongruenze che potevano esistere tra documenti diversi che trattavano temi affini.

Inoltre le innovazioni tecniche sono tante e puntano tutte, essenzialmente, ai seguenti obiettivi:

  • maggiore standardizzazione
  • requisiti più stringenti
  • maggior copertura relativamente alle prove di tipo e di routine.

Con maggior standardizzazione si intende una generale riduzione dei gradi di libertà concessi dalla vecchia norma in termini, per esempio, di numerosità di valori standard per taluni ratings, gradi di libertà in taluni parametri, oppure la convergenza verso standard affermati nel settore, come ad esempio l’adozione del protocollo di comunicazione conforme a IEC 61850.

Per requisiti più stringenti si intende un moderato aumento dei requisiti funzionali, in linea con il progressivo miglioramento della tecnologia, come ad esempio l’abbandono delle classi di precisione più scadenti e non più attuali o l’introduzione di requisiti prima non considerati.

Per maggior copertura delle prove si intende l’introduzione di prove, con la relativa procedura di prova, allo scopo di qualificare meglio i dispositivi e garantire meglio la loro rispondenza alle necessità e le attese degli utilizzatori nelle condizioni di impiego reali.

Le innovazioni e i vantaggi funzionali dei trasformatori di misura Low Power

Il primo e più evidente vantaggio funzionale dei trasformatori di misura Low Power (LPIT) è la possibilità di avere una risposta in frequenza molto più ampia dei TA e TV induttivi e TVC.

Questo aspetto è coperto dall’ Annex 6A (normativo) della CEI EN 61869-6, nel quale vengono definite delle estensioni alle classi di precisione a banda più o meno larga, per applicazioni per esempio di misura della power quality oppure per applicazioni di protezione (per esempio, travelling wave relay).

Naturalmente queste nuove classi di precisione estese possono essere sfruttate nel caso di impiego di sensori a larga banda, come ad esempio i divisori di tensione RC per la misura di tensione oppure le bobine di Rogoski ed altre soluzioni simili per la misura della corrente.

Un ulteriore vantaggio delle soluzioni LPIT è la maggiore linearità. Ciò è particolarmente interessante per quanto riguarda la misura della corrente, perché consente in linea di principio di poter utilizzare lo stesso TA sia con funzioni di misura che con funzioni di protezione, diversamente dalla prassi tradizionale di impiegare nuclei diversi per misura e protezione.

Un LPCT (Low Power Current Transformer) di questo tipo è chiamato multifunzione (multi-purpose) ed i suoi requisiti sono precisati nell’ Annex 6E della norma precedentemente citata, in cui viene descritto l’inviluppo dei suoi limiti di precisione in funzione della corrente (Figura 1).

Figura 1 – Limiti di accuratezza per LPCT multifunzione.

La possibilità di poter disporre di un unico TA che rispetti contemporaneamente la classe di precisione per misura e la classe di precisione per protezione specificate rappresenta indubbiamente un vantaggio economico ed una semplificazione impiantistica apprezzabile.

Ciò è perfettamente coerente con il fatto che nel protocollo di comunicazione descritto nella norma CEI EN 61869-9 il formato dei dati non prevede trame separate per protezione e misura, ma utilizza una trama unica, che viene distribuita sia agli IED (Intelligent Electronic Device) di misura che a quelli di protezione.

Un’ulteriore innovazione che ha accompagnato gli LPIT passivi, cioè quelli senza elettronica a bordo e coperti dalle CEI EN 61869-10 e -11, non è in realtà legata alla tecnologia quanto ad un approccio innovativo nella loro caratterizzazione, approccio che io definirei una vera piccola rivoluzione culturale: è stato cioè introdotto il concetto di “fattore di correzione”. Esso esiste già da decenni nel caso, ad esempio, di sensori per grandezze fisiche di altissima precisione (es. celle di carico) per le quali, accanto alla sensibilità nominale (espressa tradizionalmente, per i sensori a ponte, in mV/V misurati alla sollecitazione nominale), viene precisata con apposito certificato di calibrazione la sensibilità individuale ottenuta per confronto con un calibratore di riferimento.

È quindi prassi normale nel settore delle misure di precisione tarare la catena di misura sulla base della sensibilità individuale anziché su quella nominale del sensore impiegato.

L’introduzione di questo approccio nel campo degli LPIT si è reso necessario perché alcune tecnologie costruttive consentono di ottenere sensori di ottima linearità e stabilità, ma scarsa ripetibilità nel processo produttivo. Esattamente come accade per le celle di carico.

In questi casi il costruttore sarebbe costretto a laboriosi e costosi interventi di aggiustamento del prodotto finito per riportare il rapporto di trasformazione al valore nominale appropriato secondo la classe di precisione dell’apparecchio, sempreché ciò sia tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile. La possibilità di definire il fattore di correzione consente dunque di abbattere i costi di produzione degli LPIT, con vantaggio economico per l’utente, beneficiando di queste nuove tecnologie produttive.

Le nuove accortezze

In generale, le migliorie e le innovazioni dei prodotti portano normalmente con sé anche la necessità di piccoli o grandi cambiamenti nelle abitudini degli utilizzatori. Possiamo constatarlo spesso, per esempio, quando cambiamo il telefonino, l’auto o anche solo il frullatore.

Gli LPIT anche in questo non fanno eccezione e bisogna prestare attenzione alle accortezze richieste da questi dispositivi ai fini di una loro corretta specificazione (quando li si ordina) ed un loro corretto impiego (installazione ed interfacciamento).

Nel seguito elencherò alcuni aspetti che io ritengo fondamentali ai fini di una soddisfacente esperienza di utilizzo di questi sensori.

Il carico

Questo è un aspetto fondamentale e spesso trascurato: il carico nominale è 2MΩ//50pF. È chiaro che si tratta di un valore di impedenza elevato, che è facile degradare a causa di capacità parassite, strumenti collegati in parallelo e poi dimenticati, ecc. Occorre prestare attenzione al fatto che la precisione è garantita:

  • per gli LPCT con una resistenza di carico uguale o maggiore a quella nominale;
  • per gli LPVT con una resistenza di carico tra -5% e +5% della nominale ed una capacità tra 0% e 100% della nominale.

Si tenga conto, inoltre, che il cavo fornito dal costruttore col sensore è parte integrante del sensore e non può essere cambiato senza il suo consenso (per esempio, la capacità del cavo è parte integrante del partitore di tensione per un LPVT capacitivo). Da tutto ciò discende che è necessaria una disciplina rigorosa nell’impiego del sensore riguardo al suo interfacciamento con l’appropriato IED: anche solo collegare un semplice oscilloscopio in parallelo a scopo di controllo già inficia le sue caratteristiche di accuratezza. Ugualmente è necessario tener presente che il sensore va ordinato con la lunghezza di cavo giusta per l’applicazione: STOP alle prolunghe!

L’isolamento

Tradizionalmente il secondario dei trasformatori di misura induttivi ha un requisito di isolamento di 3 kV a frequenza industriale contro massa.

Nel caso degli LPIT è stato introdotto un requisito di isolamento ridotto, che trova la sua ragion d’essere nel caso di LPIT impiegati per esempio in quadri di Media Tensione, dove la distanza tra il sensore ed il relè è minima e vi è la necessità di miniaturizzare al massimo i dispositivi. La diminuzione del requisito di isola- mento consente l’uso di componenti meno pesanti e costosi (es. connettori) migliorando l’ottimizzazione dell’apparecchiatura. In questi (e solo in questi) casi specifici il requisito di isolamento può essere ridotto perché, grazie alle limitatissime distanze tra i componenti del sistema, non vi sono significative differenze di potenziale di terra anche in caso di guasto e perciò il requisito di isolamento ha minor significato.

ATTENZIONE: LPIT rispondenti a questi requisiti di isolamento ridotti NON possono essere usati con cavi di collegamento superiori a 10 m.

La separazione galvanica

Nel caso degli LPVT (Low Power Voltage Transformer) passivi (coperti dalla CEI EN 61869-11) le tecnologie attualmente usate per la realizzazione di questi dispositivi sono essenzialmente i partitori capacitivi e/o resistivi. È utile ricordare che questi partitori, ovviamente, NON offrono una separazione galvanica tra primario e secondario. Questa separazione galvanica (diversamente dal caso tradizionale) sarà dunque totalmente a carico dell’IED di protezione/misura alimentato dall’LPVT.

Il system integrator dovrà pertanto tenerne conto ai fini della rispondenza alle prescrizioni sulla sicurezza e la relativa analisi delle modalità di guasto (FMEA e simili).

Il fattore di correzione

Il fattore di correzione è un’innovazione importante e va correttamente impiegato. Esso è definito come il coefficiente moltiplicativo da applicare al rapporto di trasformazione nominale per ottenere il rapporto di trasformazione reale.

Esempio: per un LPVT si ha KCu = CFu x Kr  dove Kr è il rapporto di trasformazione nominale, CFu è il fattore di correzione e KCu è il rapporto di trasformazione corretto individuale.

È evidente che per impiegare correttamente questo parametro occorre che l’IED collegato al trasformatore abbia la possibilità di introdurre o il rapporto di trasformazione corretto o il fattore di correzione. Diversamente, se l’IED accetta in fase di configurazione solo valori “rotondi”, si potrà inserire solo il rapporto nominale, perdendo così in precisione.

Esiste dunque il problema di adeguare il firmware degli IED per utilizzare questo nuovo parametro, problema che presumibilmente scomparirà progressivamente con gli aggiornamenti firmware degli IED.

Resta comunque un problema residuo: l’utente deve essere consapevole che il parametro è individuale e pertanto in caso di sostituzione dell’LPIT sarà inevitabile il dover riprogrammare l’IED con il fattore di correzione del nuovo LPIT, anche se di marca e modello identico.

L’installazione

L’installazione degli LPIT pone delle problematiche nuove rispetto ai trasformatori “classici”. Il fatto stesso di chiamarsi “Low Power” indica che le potenze in gioco sono molto ridotte e questo vuol dire che le impedenze in gioco sono alte. Così diventa importante tenere sotto controllo anche i parametri parassiti.

Per esempio, negli LPVT le capacità parassite tra le fasi possono creare diafonia (crosstalk) tra le fasi. Un LPVT posto su una fase potrebbe cioè non essere sufficientemente immune al campo elettrico generato dalle altre due fasi e dunque il suo segnale secondario potrebbe contenere delle componenti dovute a questo accoppiamento parassita.

Queste componenti potrebbero dunque portare fuori classe di precisione un sensore piazzato troppo vicino ad un’altra fase, perché il fenomeno peggiora con la diminuzione delle distanze.

Per questo motivo la CEI EN 61869-11 ha introdotto nell’Annex 11A una prova funzionale specifica per verificare questa immunità al campo elettrico generato dalle altre fasi e l’utente deve sapere che quel- l’LPVT è testato solo in quelle condizioni: la classe di precisione non è garantita per un eventuale impiego a distanze inferiori. Un problema simile ma duale esiste nel caso degli LPCT in merito all’influenza del campo magnetico generato dalle fasi adiacenti (vedi CEI EN 61869-10 clausola 7.2.6.1002).

Un’accortezza ulteriore in fase di installazione riguarda il posizionamento degli LPCT toroidali con riferimento alla loro centratura e ortogonalità rispetto alla sbarra primaria. Alcune tecnologie, infatti, sono più sensibili di altre rispetto al non corretto posizionamento del toroide sulla sbarra o sul cavo e ciò può introdurre errori significativi. La norma CEI EN 61869-10 nell’Annex 10D (normativo) introduce una prova specifica per verificare questa sensibilità al posizionamento ed introduce 3 livelli di immunità (Tabella 2).

È importante notare che:

  • per i costruttori è obbligatorio precisare l’estensione A (da 1 a 3) della classe di precisione;
  • anche se non è precisato nella norma, è lecito presumere che un LPCT che non riporta tale estensione nella targa dati sia da ritenersi in classe A1;
  • è importante che gli utilizzatori specifichino l’estensione richiesta e siano consapevoli che la classe di precisione NON è garantita se il posizionamento dell’LPCT non rientra nel campo garantito dalla rispettiva classe Ax, illustrata nella Figura 2.
Tabella 2 – Classi e rispettivi limiti per il posizionamento del primario negli LPCT

 

Figura 2 – Assetto di prova secondo il position factor (Pf) nelle diverse classi.

La frequenza

Un parametro che potrebbe essere sottovalutato in fase di impiego degli LPIT è la frequenza di rete. Nel passato questo non è mai stato un parametro degno di particolare attenzione perché sostanzialmente i trasformatori di misura classici (induttivi e CVT) sono sufficientemente insensibili alle ordinarie variazioni della frequenza di rete. Ciò però non è del tutto vero per gli LPIT.

In particolare, vi è una famiglia di sensori di corrente, le bobine di Rogowski, che in realtà sono dei trasduttori in cui l’uscita è direttamente proporzionale alla derivata della corrente (vedi CEI EN 61869-10, Annex 10B). Se a frequenza costante possiamo pensare ad essi come a dei trasduttori affetti da uno sfasamento sistematico di 90° (Rated Phase Offset) di cui possiamo tenere conto a valle, è banale considerare che appena la frequenza cambia si altera anche l’ampiezza. Infatti, la formula che descrive il comportamento di questi sensori è

Urms = 2 ×π × f × M × IRMS

dove M è la mutua induttanza.

Dunque l’ampiezza è proporzionale alla frequenza e conseguentemente una variazione (per fare un esem- pio) dell’1% nella frequenza porterebbe all’1% di variazione nella misura di corrente, portando l’LPCT presumibilmente fuori dalla sua classe di precisione. È dunque di fondamentale importanza che l’IED in fase di installazione sia configurato in modo tale da conoscere la tecnologia del sensore ed implementi l’opportuna funzione di compensazione dell’ampiezza in funzione della frequenza.

Ulteriori novità in arrivo

I cantieri del Comitato Tecnico 38 sono naturalmente aperti e vi sono diversi progetti in corso, tra i quali mi piace citare i seguenti:

  • LPIT attivi

Sono in fase di redazione i documenti 61869-7 e -8 che riguardano gli LPIT elettronici. Il loro impiego consente di ovviare ai problemi citati prima quali: sensibilità al carico, isolamento, separazione galvanica, fattore di correzione, risposta in frequenza, ecc.

  • SAMU

La Merging Unit, descritta nella CEI EN 61869-9 consente di digitalizzare l’uscita dei sensori di corren- te e tensione ed interfacciarsi con un bus digitale IEC 61850. La Stand-Alone Merging Unit (SAMU) è concepita per estendere questa funzionalità anche ai Trasformatori di Misura classici, consentendo così il retrofit di TA e TV esistenti in stazioni convertite in digitale. Questo sarà descritto nella futura CEI EN 61869-13.

  • TEDS

Il fatto di poter integrare negli LPIT una targa dati digitalizzata, completa di dati di calibrazione e quant’altro, e leggibile automaticamente (per esempio, con un lettore RFID o mediante collega- mento seriale tra sensore ed IED) consentirebbe di poter configurare automaticamente l’IED al momento della sua connessione, eliminando così qualsiasi fonte di errore. Ciò sarà descritto nella futura CEI EN 61869-16.

  • IT per Corrente Continua

L’impiego di trasformatori di misura per corrente continua sta prendendo rapidamente piede assie- me al crescente interesse per gli impianti HVDC. TA e TV per corrente continua sono descritti rispet- tivamente nella CEI EN 61869-14 e CEI EN 61869-15 di imminente pubblicazione.

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